Febbraio.

 

 

Si annunzia sempre con il gelo, un freddo intenso da non poterne respirare. E diverso: l’aria non rarefà, ma al contrario s’addensa, gelando in umidori gravidi di nuova vita —soffici celesti chiarori fanno a gara la sera con le pietre del Palazzo dei banchi che si affaccia a occidente. Davanti a san Francesco cadono tramonti di zolfo.
Una letizia solitaria e pensosa, come una vena sepolta che affiori in tutta questa novità. Anche un principio di libertà allarmata per l’inattesa venuta, una paura a tratti. Dolore certo di non bastare a se stessi. Sempre così, a primavera.