Palazzo Pepoli – il museo.

 

Può accadere in un pomeriggio d’estate urbana da quaranta gradi all’ombra, di ritornare dalla visita al museo di storia della città e ritrovarsi dentro una rabbia e un dolore insopprimibili.
Il senso della storia e la vitalità dell’antico di una città ricevono sicuramente linfa nuova da un percorso museale, attraverso lo sforzo anche fisico di osservazione e interpretazione dei reperti, sia che si tratti di opere d’arte che di oggetti più modesti che abbiano valore di testimonianza della vita quotidiana. Se poi  la visita si svolge all’interno delle stanze di antichi palazzi, delle quali ancora sia visibile l’eleganza del gusto nelle pareti affrescate, negli stucchi e ancor più nell’inventiva dell’articolazione degli spazi, se ne ricava una rinnovata sensibilità anche per tutto il resto del tessuto urbano, quello esterno lungo le vie, trasformando in un’esperienza gratificante quelli che diversamente sarebbero soltanto indifferenti spostamenti quotidiani da un punto all’altro della città.

Ma cosa rimane di questa possibilità quando le antiche stanze siano state affollate da quantità di vetro, di plexiglas, di acciaio per sostenere pannelli e vetrine; oscurate per sempre finestre e lanterne allo scopo di consentire proiezioni di video, o cartoni animati, che illustrano quello che, in questo modo, non è più dato di vedere? Quale cattiva coscienza intellettuale si dissimula dietro questo dispiego costoso di multimedialità di luci a neon e schermi LED, questa disseminata virtualità in un luogo che invece consentirebbe per sua propria natura di ricostruire l’esperienza reale di un’idea di storia, di tempo passato? Niente da dire —una malcelata sensazione addosso che non abbiamo più niente da aggiungere, noi, a questa storia.

bologna. 2 luglio 2012.

Museo della Storia di Bologna (la pagina web).