#occupygezi. Ciò che va in fiamme e in frantumi.

 

 

 

Dalle prime ridicole notizie sui canali tradizionali di informazione sembrava quasi che si trattasse di una protesta ecologista -salvare le centinaia di alberi del Gezi Park, contro il progetto di riqualificazione dell’area pubblica con la costruzione di un centro commerciale. Ma ormai da tempo gli organi di stampa anche in versione digitale hanno perso il ritmo e il senso di ciò che è reale. Si capiva infatti benissimo fin dalle prime fiammate che l’oggetto della rivolta civile -vi prego, non chiamiamole proteste -esplosa in Turchia riguarda piuttosto l’orizzonte della vita in questo nostro mondo, sul Bosforo come a Genova, lo stesso rifiuto non soltanto della logica della globalizzazione liberista o dell’ennesimo sistema di governo democratico dispotico e corrotto. E’ sempre un attacco puntato al cuore stesso della politica quando le donne, gli uomini si espongono con i loro corpi nello scontro con lo Stato. E’ il modo più radicale e vero, tragicamente umano in cui si riporta visibile ciò che della politica viene dimenticato e rimosso, quella sua fondazione antichissima sul doppio versante dell’ordine tremendo della violenza, della guerra: quella agita contro i nemici esterni per difendere e rileggittimare ogni volta l’ordine politico, ma soprattutto la violenza e la guerra contro i “nemici” interni, che si devono schiacciare, terrorizzare o uccidere perché l’ordine pubblico sia stabile.

bologna. 2 giugno 2013.

 

http://occupygezipics.tumblr.com

http://www.flickr.com/photos/ombrelibere/sit in di studenti turchi a Bologna

http://www.infoaut.org/istanbul la parola alla piazza

http://www.susam-sokak.fr/les arbres de taksim cachaient la foret de la revolte