Risacche: Ifigenia e lo scritto del mare

 

 

 

      Risacche: Ifigenia e lo scritto del mare

Ho sempre dimostrato molte resistenze verso la fotografia, il mio rapporto con l’immagine fotografica fa parte della mia vita recentissima. E poi un giorno all’improvviso compro una macchina fotografica. Non avevo perduto le mie resistenze, semplicemente avevo comprato una fotocamera.
Fotografavo senza progetto, quasi senza un punto di vista. Si può dire anche: nella più completa cecità. Fotografavo a Bologna, dove vivo io, la vita quotidiana mentre passava. Non sapevo mai prima quello che stavo facendo, soltanto dopo la fotografia, se c’era qualcosa, si vedeva.

 

 

 

Copia di IMG_3627_JPEGI.

 

 

D’estate partii per il sud d’Italia dove sono nata. Ci sono luoghi per me in cui più che altrove si aprono come fuochi meridiani punti vuoti dello spazio naturale, in cui mi sento più vicina a qualcosa come un significare prima che prenda qualsiasi direzione. Lo chiamo “cuore palpitante di un mito”. In certe spiagge abbandonate dell’Adriatico seguivo a piedi i moti di risacca del mare. Fermavo alcune fotografie, non sapevo perché. Lo sguardo attraverso la macchina fotografica mi isolava. Guardavo, non vedevo niente. Non guardavo più. Dopo un poco che si guarda, succede sempre dopo un poco, diventa come leggere lo scritto d’acque di sabbie di catrame.

 

 

 

Copia di IMG_3629_JPEGII.

 

 

Misteriosamente avevo bruciato la distanza. Riuscivo con la fotografia dove ancora non mi era consentito con la parola a causa della mia prudenza a non avanzare mai nel nominare oltre la soglia di una vivente veridicità. Fotografare mi liberava da questa preoccupazione. Trattenevo il respiro come per restare nell’ascolto che aderiva alla cosa mentre la diceva. Mi sembrava di guadagnare il punto esatto in cui l’esperienza vivente non è ancora un racconto messo in prospettiva, e non è nemmeno il motivo di una sua astrazione.

 

 

 

Copia di IMG_3634_JPEGIII.

 

 

E’ anche l’inizio una fotografia, credere che sia possibile scriverne. Un anno dopo quell’estate si schiariva per me la figura di senso che aveva scritto di schiume e di bagliori la risacca del mare. Ifigenia: non so da quale punto della mia memoria affiorasse il suono del suo nome. In quelle spiagge avevo visto e conosciuto il suo destino. Potevo scrivere adesso il suo ritorno.

Ancora più tardi lessi Agamennone di Eschilo.

I – III Temporale sul mare
Baia dei Turchi, Otranto. Luglio 2014

bologna
agosto – settembre 2014

Ifigenia – link
Lo scritto del mare – link

 

(Corollario a uno scritto di prossima pubblicazione su Chemin tournant)