Cannette e calamai.

 

In fondo alla piazza dell’Orologio, lungo la via stretta che costeggia le mura dell’antico palazzo del governo della città si trova una cartoleria. Dal 1810 il negozio è là. Le gestioni dell’attività si sono succedute nel tempo, ma da qualche parte esiste ancora il magazzino con gli articoli delle diverse epoche. L’uomo che insieme alla moglie gestisce la cartoleria è un professore di matematica in pensione e collezionista appassionato di oggetti antichi. Di sera, dopo cena, si seppellisce nel deposito vecchio di secoli a riesumare -come dice lui -cose d’altri tempi che nemmeno ricordava più di avere conservato. Il modo in cui ti racconta di quegli oggetti che a volte  rimette in vendita per qualche appassionato, come ti parla della loro storia, dell’uso, dell’oscurità del ricordo entro la quale ogni sera lui muove le sue ricerche diventano pure il paesaggio dove si stende il suo sorriso, ed io posso immaginarne la meraviglia notturna e solitaria per ogni nuovo tesoro dissepolto dal suo magazzino come dal fondo stesso di un’altra dimenticanza e riportato in negozio, messo di nuovo in circolazione, nella vita.
Non saprei dire l’età dell’uomo. Nonostante la mia frequentazione a periodi alterni della cartoleria, del suo viso non saprei focalizzare i lineamenti, la forma oppure il colore. La sua voce, piuttosto, discreta ma sempre di buonumore, la vivacità dei gesti, i modi gentili dai quali trapela uno spirito giocoso prendono il sopravvento sul corpo dell’uomo, sulla sua storia.

 

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