Sui volti aperti
alla
vita
che non si conosce
che
verrà
quanta gioiosa liberalità
ha fatto un
l a r g o
la coscienza
di Dio.
Sui volti aperti
alla
vita
che non si conosce
che
verrà
quanta gioiosa liberalità
ha fatto un
l a r g o
la coscienza
di Dio.
Un
vuoto d’azzurro
questo corpo incipiente bagnato di mattino.
T r a s — pare
il
corpo d’arie
in questa luce radente
mentre scintilla
al tramonto il sole
e
fino nell’ombra
della notte
che
stenta
a cadere.
L’amavi anche tu
quest’aria molle di
stupore
che
ingravida la sera
sognando
dal
mare
fino alla collina.
E
ti guardavi le mani
le dita
delle mani
di tenerezza e
gratitudine
ti lisciavi le mani
e
intercettavi nella forma
che cambia il
voltare del tempo.
In molti sono usciti fuori da se stessi e hanno riversato come a voce viva quello che per ciascuno era più urgente da dire, da levarsi dal cuore per deporlo là, sotto gli occhi degli altri, confidando di essere accolti e creduti, confidando di offrire alla tua assenza questa memoria viva di te nella loro vita. Ho letto tutte le centinaia di messaggi, bisognava leggerli, lasciarsene toccare.
A tratti, mi assale la netta sensazione che la tua malattia e morte siano state il contrario di un incidente, che tu non le abbia subite, che tu non abbia smesso mai di sentire e pensare, d’iniziare a comprendere, d’immaginare senso e prospettiva di quanto ti stava accadendo, sempre più addentro ad esperire il cammino di vivere, fin dove non eri arrivata mai.
Se non fosse perché sei morta, morta davvero, ed io ne sono addolorata e interdetta, non faticherei in questo tempo a immaginarti ridente e invisibile, soltanto una spanna sopra la mia testa, a curarci ancora insegnando, condividendo con noi che non smettiamo di amarti il tuo cammino verso ciò in cui tu ora sei.
19.I.2022
Dovevi essere tu
l’altra mattina
a soffiarmi dolcemente
sulle ciglia
dormivo ancora
ed ero in ritardo
per il tuo funerale.
Un’urgenza allora di cose da fare, o almeno da pensare — L’eterno riposo…no, non lo volevo dire, era altro – ancora non sapevo – il modo mio di rivolgermi a te, era diverso questo modo che ho di sentirti.
Valsamoggia, bologna
8.I.2022
Per primi gli alberi
sono venuti a
intrattenersi incontro a te
a l e g g i a n t e
ai più alti rami, verso
l’azzurro
del giorno sereno dopo la neve
del sole di collina
dove i pianori innevati nella luce diamante
fanno più prossimo il
distare
del
cielo.
Sotto l’ala del cielo
come nido
di silenzi
— O
splendendo
magnifichi la notte
della tua cura.
Crinale di stelle
discende la notte
una
brezza
di mare
e
fragrante un’attesa
di bello
di buono
nel freddo sonno
che vivifica
salmastro
una notte che profuma d’inverno
di marina.
Le
spalle tue
baluardo
alle correnti
. . . . ……
E
sei venuto
ad abitare la mia notte
quando alla gola di vuoto ti ho implorato
— non lasciare che io vada
perduta.
Affiorante
di
luce
tracimando il
segno della piena
dei giorni,
un
tempo nuovo
è
già qui
spuntando
di
gioia
come di fili d’erba
alla zolla
dura
di neve.
Gelo di luce che
ammutisce
l’ora
si fessura
di
un principio
di canto.