LA BETISSA

 

 

 

betissa

 

 

 

          “E tutto tutto manda avvisi e ogni cosa si ripete …”
   

 

LA BETISSA

     Scrittura del fantastico in cui la parola magica – connotativa fino all’estremo – si plasma per non essere riconosciuta, smontando così l’affidabile cliché della produzione del senso che vuole sempre la lettera come una ri-lettura. E tuttavia ogni parola dice, vede come la prima volta un mondo mentre si fa di poetici incantamenti “irreparabili” fino alla fine:      

 

     “Che lievità di narrare, è proprio il vecchio sapere. Una vera fortuna oggi!”  — e si è più addentro a ogni passo, senza immedesimazione.

   

     Il tempo: assoluto illimitato, in cui levitano suggestioni e memoria popolare di molte vite. E invenzioni di tormenti per ritenere nella lingua un dolore di voci sorde, di mancanze, inascolti. Una parola fatta d’argilla che muta il suo racconto a ogni lettura come a ogni pressione di dita.

rosaturca
bologna. 27 gennaio 2014

 

 

Capitolo Sedicesimo

L’uomo dei curli ha guadagnato il carro
e steso tra le sponde
non offre dorso al cielo ma ha palpebre ingrossate
e pensa non lancerò più un solo curlo
e pensa non pesterò più di filato il tamburo
e pensa ormai non ruberò l’oro agli dèi
né i diamanti all’eldorodo
e pensa Castro non è più rossa
e pensa niente più vigore
e pensa niente guizzo che al culmine rincula
e pensa niente signora dalla grossa gola
e pensa niente di niente
e come un cancro esce adesso la sua voce
e dice ma gli pare di gridare niente torre solitaria
e dice ma gli pare di gridare il rosso più non genera
e dice ma gli pare di gridare il tamburo l’argilla non monterà

E mentre dice pensa allo squalo che da dentro divora
e mentre dice pensa non avrò mai parti boccali astate
e mentre dice pensa né carte gialle e rosse mi terranno lontano
e mentre dice pensa non avrò da ridere per le giubbe sforacchiate
e sa che d’oggi in avanti aprirò bocca e perderò voce
e sa che d’oggi in avanti non avrò carro ma voce sempre più fioca
e sa che d’oggi in avanti sarà meno di un bocciòlo di candela
e sa che d’oggi in avanti sempre più gente premerà
e avrà solo da dire un tempo in Castro rossa facevo correre i miei curli
e avrà solo da dire un tempo avevo una donna dal ventre di mora
e avrà solo da dire un tempo la vita correva sulle rigature del curlo
e avrà solo da dire un tempo si stupiva la terra melograna

E mentre parla o pensa alza la testa tra le sponde
e mentre parla o pensa la testa muove come rigido rubino
e mentre parla o pensa muove la testa in continui dinieghi
e mentre parla o pensa la testa tocca il cielo di nubi rosse
e dice anche oggi Castro avrà una luna che racchiude nubi
e dice anche oggi Castro sarà piena di parti boccali astate
e dice anche oggi Castro sarà terra di venditori incrèduli
e dice anche oggi Castro sarà di quattro spuntoni la regina
e dice un ragazzo dai capelli rossi ha sfidato lo squalo
e dice un ragazzo dai capelli rossi verso l’orlo degli dèi
e dice un ragazzo dai capelli rossi presso una cava provava un congegno
e dice un giovane dai capelli rossi con una grossa apertura alare
e dice ho pensato fosse un angelo caduto presso la cava
e dice così ho pensato visto che dentro di me si agitava lo squalo
e dice non so più dentro di me quanti serpenti e squali e quante bocche astate
e dice è grande la furia dello squalo che preme sottoterra
e dice ancora per me il mare è un odeon bene illuminato
e dice c’è tanta eleganza nel ragazzo dai capelli rossi
e dice ancora il giovane è muto chissà la sua rabbia
e dice i capelli rossi toccano il tetto di Castro
e dice ancora l’aria è già un vasto rosso
e dice l’aria ha mandibole e bocche astate però non ha corpo
e dice e dice e dice e mentre dice squali sottoterra mirano al suo intestino

Poi dice ad alta voce sottoterra è un sussulto
dice ad alta voce sottoterra ogni squalo ha un suo spazio
poi dice ad alta voce sono moltissimi gli squali rossi
dice ad alta voce sottoterra la loro ansia è la loro rabbia
grida l’uomo dei curli e si rizza tra le sponde
grida l’uomo dei curli ed è in piedi mentre Castro è tutta rossa

[…]

Santa Cesarea terme – Castro di Sopra
agosto – ottobre 1986

Tratto da LA BETISSA di Antonio Verri
Ristampa Edizioni Kurumuny – Calimera, 2005
 

 

 

“Un punto fermo”

 

 

 

     “… provincia è quel paese strano e disperato attraversato da altrettante strane, disperate e meravigliose energie.
     Provincia è anche l’oggetto di una violenza, di uno sfrutamento intellettuale perpetrato da chi ha interesse che sia così e solamente così      … Per noi salentini vi è una mortificazione in più: la rarefazione della nostra espressione, della nostra cultura, delle nostre idee.”

Antonio Verri
da Caffè Greco, maggio 1977.

 

          Piove, un mattino di foglia
          Sotto un cielo di Cenere.
          Mura palpabili e vive
          Prendono spazio tutto per sé.

          Si cammina sui bordi.

rosaturca
bologna. 20 gennaio 2014.

 

 

 

“il pane sotto la neve”

 

 

 

     E’ il giorno del mio compleanno. In piedi nel caffè consumo la mia colazione. Passate le undici del mattino. Ho dormito soltanto poche ore.
    Fuori, il cielo rarefatto di neve sospesa a mezz’aria ha ingoiato per metà la torre degli Asinelli. La purezza della neve in un freddo giorno d’inverno. Il primo della stagione      Quanto bene fa al grano la neve farinosa 

     “il pane sotto la neve” l’ha scritto Antonio Verri e ancora non finisce di dire. E’ ancora la promessa della fragranza di ogni cosa che vive      E’ la poesia che odora      E’ poesia da tutte le parti …

bologna. 16 gennaio 2014