CLUSTER – Parte prima

 

Cluster. “L’esperimento”

Le capitava di dormire anche per intere giornate da quando tutto era finito. Nella casa l’ospitavano nessuno le domandava niente, niente che si aspettassero da lei. Di colpo ogni cosa intorno si ritrovò immersa in un fisso silenzio, le notti, i giorni venivano ancora, ma come si aprono inutilmente su certi luoghi abbandonati. Dormiva, per risanare da una spossatezza di secoli. Da lontano la sorvegliavano perché la vita non l’abbandonasse.

Fuori. Il mondo avrebbe trovato un nome per tutto questo. Ma non aveva importanza. Una marea d’oblio ricopriva adesso la sua realtà, una qualsiasi forma di realtà per lei. E tuttavia quello sterminato deserto in cui si risvegliava e si riaddormentava era ancora amore. Un amore valido e folle, di prima delle origini.

Dormiva, senza sogni.
Quando non dormiva riempiva fogli di colore puro. Con pochi tratti i suoi disegni venivano nel disordine alla luce, si dibattevano nel continente bianco di silenzio di prima dell’inizio -quasi che nel silenzio qualcosa, esitando, fosse sul punto di disgregarsi. Indifferente se sulla porta qualcuno le si arrestasse alle spalle, e trattenesse il respiro.
Non ho saputo mai se gridava distruggendo la forma. Né se quella distruzione avvenisse di continuo, di giorno, di notte, mentre dormiva oppure quando era sveglia. Ho sempre pensato che in quei momenti dovesse essere felice.

Tutti avevamo creduto che avesse deciso di curarsi, infine di guarirne. Sarebbe stato ragionevole pensarlo. Che si era trattato all’ultimo istante di un ravvedimento nella direzione della scelta di vivere. Dinanzi all’evidenza di quella che avrebbero detto la sua follia, tutto le avrebbero concesso e perdonato. Era accaduto in una città di provincia -dicevano -un giovane uomo e una ragazza. Di lei non si sapeva niente, soltanto che non era del posto, sì, veniva da fuori città.
Le avevano tutto perdonato, anche se le cose da sole avrebbero preso il posto suo. Lei, semplicemente smetteva di resistere. Fino al momento in cui la storia incominciava a prendere forma: a quella aveva rinunciato, non all’amore.

Diversi racconti sarebbero possibili dei fatti, e ognuno sarebbe un vagare attorno a un centro vuoto, richiamare qualcuno verso un futuro inatteso. Niente che sia avvenuto una prima volta -niente, è compiuto. Niente da recuperare alla memoria del desiderio, in cui abbandonarsi alla nostalgia per i giorni che restano da vivere. Lo scacco di qualcosa che non ha avuto inizio, non avendo avuto un luogo dove farsi, dove nascondersi, annidarsi. E rimanere per questo la possibilità che non smette di venire ancora.
La storia non avrebbe avuto inizio una volta, per rimanere possibile sempre. Lontano, per sempre. Ancorata soltanto alle radici delle più oscure foreste del desiderio che non conoscono nomi, né volti. Che non finiscono di respirare di notte, di giorno sopra il cuore dei pazzi. Qui dove lei riposa, nel più selvatico degli isolamenti.

 

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Cluster – estratto “Dormiva”

 

Cluster.

Dormiva, senza sogni.
Quando non dormiva riempiva fogli su fogli di colore puro. Con pochi tratti i suoi disegni venivano nel disordine alla luce, si dibattevano nel continente bianco di silenzio di prima dell’inizio -quasi che nel silenzio qualcosa si dovesse disgregare. Indifferente, per lei, che fosse da sola oppure che qualcuno sulla porta si arrestasse un poco alle sue spalle, e trattenesse il respiro.
Non ho saputo mai se gridasse mentre distruggeva la forma. Né se quella distruzione avvenisse di continuo, di giorno, di notte, mentre dormiva oppure quando era sveglia. Ho sempre pensato che in quei momenti dovesse essere felice.

 

 

Cluster – “L’esperimento”

 

Cluster.

le capitava di dormire anche per intere giornate. da quando tutto era finito. nella casa dove era venuta ad abitare nessuno le domandava niente, niente che si aspettassero da lei. da lontano, la sorvegliavano perché la vita non l’abbandonasse. intorno ogni cosa pareva immersa in un fisso silenzio. i giorni, le notti si aprivano inutilmente, disabitati -dormiva, come per risanare da una spossatezza di tutta la vita. una vita fatta di secoli. il mondo fuori da qui avrebbe dato un nome a tutto questo. ma non aveva nessuna importanza. una marea d’oblio risucchiava adesso la sua realtà, una qualsiasi forma di realtà per lei. e tuttavia quello sterminato deserto in cui si risvegliava e si riaddormentava era ancora amore. un amore valido e folle, di prima delle origini.

bologna. Dicembre 2012.