Il primo canto

 

 

 

      Il primo canto

Nel cielo del mattino
il primo canto del merlo
nell’orecchio

schiarisce
la gola dell’oscurità.

 

 
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bologna 19 marzo. San Giuseppe falegname

Il giorno è venuto con i versi del merlo puntuali all’aurora. Per tutta la vastità del cielo nel mio orecchio, acuto e limpido il canto si stagliava come per modellare sonoro lo spessore del buio nell’aria. Nel dormiveglia non riesco ad aprire gli occhi, a orientare il mio sguardo verso lo specchio della finestra per scoprire a quest’ora in quale rapporto luce e oscurità si contendono il giorno.
 

 

 

 

 

 

Passaggi#

 

 

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      Come trovarsi in un rifugio tra i boschi di montagna, così stanotte il temporale in città. Illumina fra i lampi il borgo antico cinto dalle colline, gli orizzonti dei boschi com’erano un tempo e i fiumi ancora impetuosi e navigabili di nuovo sotto il cielo.

* * *

      Una giornata immersa nella vita materiale, in vista della partenza estiva. Coltivo alle mie finestre varie specie di vita vegetale: alcune hanno lunghe radici aeree, altre invece si gettano nel vuoto d’aria con i lunghi rami. Portano foglie in forma di mani, in forma di cuore. Spuntano dalla madre come da uno strappo che lacera la membrana vegetale. Sorgono come lentamente si sfila una costola dal fianco. Non più all’interno della madre, hanno bisogno di un tempo lunghissimo per disvolgersi verso l’aria.

      Ci sono fiori, lentissimi anch’essi, come amigdale biancolatte si allungano dritte dal verde scuro del fogliame. Guadagnano l’altezza delle correnti d’aria avvolte nel sonno della loro fioritura per la maggior parte del tempo.

      Sono specie che crescono all’ombra negli spazi di servizio degli antichi palazzi o dei conventi che furono. Qui dove vivo io non viene mai nessuno a guardare, ad ascoltare queste colonie di verdi che spezzano le foreste di pietra, questi guardiani sulle intercapedini dello scorrere del tempo, di tutti i suoni del silenzio. Qui un mese fa un rondone è caduto smarrito nel suo volo.

bologna. 29 giugno 2014

 

 

 

Il Vento di sera

 

 

 

Il Vento di sera

Il Vento si diffonde nell’aria profumando di fiori dei tigli che crescono per tutta la città. Nell’azzurro del cielo la luna – a tratti – fra migrazioni di nuvole verso l’est. Dai tetti i canti del merlo, nell’alto i voli delle rondini fra nuvole e grida. Diventa fresco.

Più tardi. Il Vento si è fermato, portando via le nuvole con sé. Il cielo liberato è spento. Le ultime rondini volano più basse, più misteriose gridano vicine.
Luna risplende di rosa.
Si torna a casa, senza un perché.

bologna. 4 giugno 2014
 

 

 

Le otto della sera

 

 

 

   Nonostante il fracasso che fanno gli autobus alla fermata, i canti degli uccelli vibrano all’aria più sonori dal più alto dei rami d’alberi nella piazza, dai tetti dei palazzi di pietra rossa e antica non finiscono di venire, di richiamare. La sera.

   Più lontano e più in alto di nuvole rosa-arancio al tramonto si aprono i voli dei rondoni numerosi, vanno esplodendo in un vapore d’arie sottili.

   L’inatteso precipita, ma lentamente come rappreso un poco nella caduta. Filature d’arie che cancellavano gli sguardi nel cielo —finite, soffiate via.

   Specchio degli alberi nella piazza sono questi velabri di nuvole viaggianti che cingono la terra dagli orizzonti di metamorfosi curiose di noi.

bologna. 31 maggio 2014

 

 

 

Nella lettura del mondo

 

 

 

Le prime ore del pomeriggio, il sole di primavera riscalda il Vento di umidità, si accende la luce sui fiori gialli delle mammole alla finestra. Sono in disordine, ancora incolta alla vita del giorno, anche per oggi ho disertato la sua chiamata. Ieri notte -dopo una lunga assenza – sono tornata a scrivere

Se si scrive, si osserva
si sceglie

Nuovamente stregata dalla lettura del mondo.

bologna. 11 aprile 2014

 

 

 

Effemeridi di primavera

 

 

Le grida delle rondini nel cielo di città sono arrivate all’inizio del mese. Primavera è matura. Oggi, il primo giorno di luce dorata.

La vigilia di luna piena, veniva la sera di un’aria indimenticabile: appena tiepida nella sua freschezza, dalle sottili distanze fra le cose, agiva affiorando una nuova vena che sapeva del profumo dei fiori – erano gelsomini quelli sulla via. Con il fiato sospeso alla vista del cielo, che dai fondi del mare si faceva cobalto.

E poi è venuto il Vento di notte. E la pioggia a scrosci larghi, lunghi e generosi. Prima del mattino. La sera viene luminosa.

bologna. 15 aprile 2014

 

 

 

Cantar senza struttura

 

 

 

                                  “Sono un seme caduto sulla roccia.
Sono una pianta germinata negli anfratti inospitali
—là dove nessuno si aspettava che …”

 

   Una lunga permanenza in casa per curarmi da uno stupido virus infettivo mi ha gettata in uno stato d’isolamento che non avevo patito mai nella mia vita adulta. Quando dico isolamento intendo una condizione radicale di distacco non soltanto dall’ambiente esterno, ma anche da parti più familiari di me.
    L’isolamento mi ha cagionato uno sguardo diverso e un giudizio. Forse, anche una voce nuova.

   Rimane questa intrinseca difficoltà      Questa inattitudine agli arrivi pur senza perdere la rotta senza smettere di disgregare l’unità delle parti, aprendomi in quelle un varco. Questa voglia confusa di vivere che sa compensare        Uguagliare una mancanza con un’altra supplendone il difetto

         

                              “Bologna mi piace perché c’è la neve con il sole perché l’azzurro del cielo è barbarico sopra i rossi del cotto nei muri”
   

   All’ingresso del mercatino agricolo settimanale, sta scritto in stampatello sulla panchina dove siedono quelli che ti chiedono una moneta. Doveva essere in una giornata come questa con una bava di neve che ti soffia nell’aria e il più barbarico degli azzurri nel cielo. Che vuol dire inattesa una rotta di bellezza nella piena dei giorni, incontenibile estraneità di pesi di misure di vie di fuga. E in così libera armonia ancora domandi —Che fare?

bologna. 25 gennaio 2014.

 

 

 

“il pane sotto la neve”

 

 

 

     E’ il giorno del mio compleanno. In piedi nel caffè consumo la mia colazione. Passate le undici del mattino. Ho dormito soltanto poche ore.
    Fuori, il cielo rarefatto di neve sospesa a mezz’aria ha ingoiato per metà la torre degli Asinelli. La purezza della neve in un freddo giorno d’inverno. Il primo della stagione      Quanto bene fa al grano la neve farinosa 

     “il pane sotto la neve” l’ha scritto Antonio Verri e ancora non finisce di dire. E’ ancora la promessa della fragranza di ogni cosa che vive      E’ la poesia che odora      E’ poesia da tutte le parti …

bologna. 16 gennaio 2014

 

 

 

Notturno

 

 

 

Notturno

   Fu per il debito contratto dal padre      che non aveva pagato      Di lui la moglie e le figlie da uomini diversi venivano portate a viva forza
   E uccise.

bologna. 13 dicembre 2013.

 

 

 

Fine estate.

 

Il cielo schiarisce e sfuma di pastello come gli affreschi sulle volte delle chiese, che raccontavano le vite dei santi. Tutto un vapore quest’aria nuova di settembre di velature a tocchi delicati. La notte, indugia fra le stelle con la dolcezza dei vecchi quando bambini ci baciavano sulla fronte, per paura di farci male.

bologna. 15 agosto 2013.

 

 

Lettera da Istanbul.

 

“Sur le site Internet des élèves d’un lycée d’Istanbul, un jeune a expliqué que l’important c’est de résister, non de vaincre. “Ils nous chassent avec des gaz? Peu importe. Reculons. Mettons-nous à l’abri, préservons-nous, pour pouvoir revenir… et résister. (…)”
 
Etienne Copeaux

 

 

Una traduzione in italiano del testo.

 
Sul sito Internet degli studenti di un liceo d’Istanbul, un giovane ha spiegato che l’importante è resistere, non vincere. “Loro ci spazzano via con i gas? Poco importa. Arretriamo. Mettiamoci al riparo, riserviamoci, per poter ritornare…e resistere.” Questo giovane spiegava anche la possibilità di riservare la sua forza e la sua vitalità al movimento. In effetti, è molto semplice: resistere, ma senza cercare di resistere alla violenza. La violenza che picchia a vuoto è ridicola.

Amici, seguiamo, seguite la saggezza di questo giovane.

La persona che mi ha riferito questo è di un’altra generazione (la mia), di un’epoca -mi dice -in cui i movimenti non cercano più di vincere -rovesciare il governo o il capitalismo. Spesso in Turchia in una lotta disperata -suicida, il solo risultato è quello di aver lasciato dei “martiri” da commemorare: Deniz Gezmis  il cui ritratto compariva sull’AKM durante le belle giornate del movimento attuale. Il mio interlocutore approva calorosamente le proposte del giovane liceale, ammettendo che abbiamo qualcosa da imparare da queste nuove generazioni. E’ vero.

Sono tornato a Istiklal, ho fatto la via per tutta la sua lunghezza e non è rimasta traccia di niente. La stessa cosa nei quartieri caldi di ieri sera Siraselviler e Cukurcuma. Veramente c’è da complimentarsi con i servizi municipali. Per la pulizia, ma soprattutto per la capacità di cancellare il passato, anche il più recente. Sono forti.

All’ingresso di piazza Taksim, allo sbocco su via Siraselviler, numerose forze di polizia in riposo. Sono stupito. Questi Robocop SONO SENZA ALCUN CONTEGNO. Stanno sdraiati sui marciapiedi, seduti per terra, fumano, bevono. C’è da stupirsi giacché nelle CSR, in Francia,  si lasciano “cuocere” le truppe al sole o al freddo, in piedi, per alcune ore prima delle manifestazioni, a volte lasciando che la popolazione le insulti, così da innervosire per bene i poliziotti. L’assenza di contegno è severamente punita dall’esercito francese e sicuramente dalla polizia.
Mi ricordo di aver visto qualche volta, nella mia via Susam sokak, dei poliziotti nella loro auto di servizio, letteralmente stravaccati nei loro sedili, farsi servire il tè a un semplice schiocco delle dita (sarei meravigliato che abbiano pagato per quel tè).

Quest’assenza di contegno non è un dettaglio. Dimostra che sono loro i re della strada, che fanno quello che vogliono. L’assenza di contegno denota la loro pericolosità: assenza di contegno vuol dire che loro non hanno contegno.

Il mio pensiero vagabondava osservando oggi quei Robocop delle Forze di pronto intervento. Non soltanto se ne stanno senza contegno, ma si sdraiano così in mezzo alla popolazione, alla folla dei numerosi passanti. Non posso immaginare, nel ’68 o negli anni più duri che sono seguiti, in Francia, un poliziotto isolato in mezzo alla folla: avrebbe rischiato di essere insultato molto seriamente, se non aggredito. Sarebbe stato pericoloso per lui.

Qui, in un contesto estremamente teso, i passanti non fanno niente, non dicono niente, non li insultano. Un amico con il quale mi stupivo mi dice: Ebbene, non hai capito? Ci troviamo in uno Stato di polizia, la gente ha paura, molto semplicemente.
E’ vero, è talmente semplice. E mi viene in mente che, con il mio spirito di Francese sbarcato di fresco, avevo “risposto” a un poliziotto che mi si era rivolto senza metterci la minima formalità, dandomi del tu. Ho dovuto confrontarmi con una reazione violenta, gesti minacciosi, un cenno di schiaffo. Me ne sono andato sentendomi nel giusto.

Capisco cosa può essere, in Turchia, la paura dela polizia. L’ho compreso ancora meglio con il caso Metin Goktepe, il giovane foto-reporter pestato a morte in un commissariato nel gennaio 1996.
Se ho capito…la dimostrazione? Non ho osato fotografare quei Robocop sdraiati.
 

 

#occupygezi – Le ultime notizie.

 

 

 STANDING MAN

Il ragazzo che ha dato il via alla protesta ribattezzata “standing man”, subito imitato da centinaia di persone tra Istanbul e Ankara.

guardian.co (link al video)

 

18 giugno ore 8:30.

Si è vista una nuova forma di protesta nella serata di lunedì a piazza Taksim, a Istanbul: un uomo si e’ piazzato da solo, in piedi, al centro della piazza, e non si e’ mosso per ore, fissando in silenzio le grandi bandiere turche che coprono un edificio su uno dei lati della piazza. L’uomo è stato per ore lì, con le mani in tasca, una borsa e alcune bottiglie d’acqua ai suoi piedi. Il suo atto di protesta, dopo un po’ e’ stato seguito da alcune centinaia di persone, che si sono raccolte in forma pacifica e silenziosa nella piazza, da settimane epicentro delle manifestazioni anti-governative. (Agi)

linkiesta.it (link agli aggiornamenti)
 

#occupygezi. Test!

 

ANSA 17 giugno ore 15:43.

Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha detto oggi di “non riconoscere” il Parlamento Europeo, riferisce l’agenzia Anadolu. L’assemblea Ue giovedì scorso ha approvato una risoluzione critica sulla brutalità della polizia turca e sul comportamento del governo e del premier di Ankara. “Gli avvenimenti degli ultimi giorni sono stati un test per la nostra economia e per la nostra democrazia, che è stato superato con successo”, ha affermato oggi il premier turco Recep Tayyip Erdogan, citato dall’agenzia Anadolu.

La polizia turca ha bloccato nel centro di Ankara una manifestazione con almeno mille militanti dei sindacati Kesk e Disk in sciopero oggi per protestare contro l’assalto sabato notte a Gezi Park a Istanbul. Le forze antisommossa, appoggiate da blindati e cannoni ad acqua, impediscono ai manifestanti di avvicinarsi a piazza Kizilay. Manifestazioni parallele sono previste questo pomeriggio a Istanbul e in molte altre città turche.

 

 

Daniele Stefanini. 

 

(…) Il fotografo italiano Daniele Stefanini è stato ferito dalla polizia turca e fermato a Istanbul durante gli incidenti della notte scorsa. Lo hanno indicato fonti dell’ambasciata d’Italia in Turchia. Stefanini, 28 anni, è stato ferito nel quartiere di Bayrampasha, soccorso da un avvocato e trasportato in ospedale. La polizia lo ha messo in stato di fermo. Il fotografo è assistito dalle autorità consolari italiane.
 

 

#occupygezy – Appelli urgenti.

 

 

Appel urgent d’Oya Ersoy

Dear brothers and sisters, dear friends of the democratic people’s movement in Turkey!

Depuis que je vous ai écrit cet après-midi, voici de nouveaux faits (nouveaux si on peut dire car ils sont vite dépassés, tout allant si vite).
 

Voici un témoignage de notre amie S., d’Istanbul, sur les événements des 15-16 juin, rédigé le 16 juin vers 16h30. Prière de diffuser au maximum

 

 

Un site important, très systématique, pour suivre les événements:

PENSER/CLASSER

 

 

 

 

 

 

 

 

 

#occupygezi – 16 giugno 2013.

 

 

 

 

ANSA 16 giugno – ore 22:50 

(…) Decine di migliaia di persone sono di nuovo scese in piazza nella megalopoli del Bosforo per marciare su Taksim e denunciare il brutale assalto ieri notte della polizia a Gezi Park. Un attacco feroce, che ha fatto 800 feriti, fra cui bambini colpiti da proiettili di gomma, decine di persone ‘bruciate’ dagli agenti urticanti messi dalla polizia nell’acqua degli idranti – come denunciato dalle foto degli attivisti nelle quali si vedono chiaramente i poliziotti caricare la sostanza ‘Jenix’ nei blindati – o soffocate dalle nuvole di gas lacrimogeni. Mentre le forze antisommossa arrestavano i medici che avevano curato i manifestanti feriti, picchiavano un deputato di opposizione, avvocati e giornalisti. E’ in atto “una guerra contro la popolazione”, ha accusato la presidente dei Verdi tedeschi Claudia Roth, intossicata dai lacrimogeni.

 

 

 

 

 

* * *

 

(…) A Kizilay, nel cuore di Ankara, gli scontri sono iniziati a fine mattinata, quando la polizia ha bloccato il feretro del giovane manifestante Ethem Sarisuluk, ucciso proprio a Kizilay da una pallottola nel cervello sparata da un agente. Le forze antisommossa hanno poi attaccato con lacrimogeni e cannoni ad acqua le migliaia di persone che aspettavano pacificamente l’arrivo dei funerali, molte con un garofano rosso in mano.

 

 


Aggiornamento ANSA (link all’articolo integrale)