EIS, EDEN — di Paul Celan

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

per Marcella
 

GHIACCIO, EDEN

C’è un paese Perduto
una luna in mezzo alla palude, là cresce
e con noi
assiderata,
illumina intorno
e guarda.

Guarda, poiché ha occhi,
sono terre chiarissime.

( notte
notte
acquacenere.
Guarda, l’Occhiobambino )

Guarda e guarda e guardiamo,
ti vedo, tu vedi.
Il ghiaccio resusciterà,
tanto l’ora si stringe.

Paul Celan, dalla raccolta DIE NIEMANDSROSE
Libera traduzione dal tedesco di rosaturca
 

 

 

 

 

 

des choses transparentes – Pierre Soupir

 

 

des choses transparentes
me précédent encore
car je ne sais dire plus
que mon propre regard

une étoile se souvient
de l’eau dormante
qui la reflète si bien

je suis si loin de
ce que sera le matin
avec mon souffle lent
dans mon sommeil

allongé, à côté,
de cette fille endormie
qu’est devenu l’absence
de tout espoir.

Pierre Soupir

 

cose trasparenti       mi precedono

io non so dire
più
del mio sguardo

dell’acqua dormiente
rammemora una stella,
così bene la riflette

io dal respiro lento
nel mio sonno,
disteso al fianco di questa ragazza
addormentata
divenuta
l’assenza di ogni speranza

tanto lontano
dal mattino       da quello che sarà

Traduzione dal francese di rosaturca

 

Estratto da Les contours du dedans – p. 77
cliccare QUI per leggere o scaricare l’intera raccolta

 

Pierre Soupir – il sito dell’autore
 

 

 

 

 

 

aucun mot – Pierre Soupir

 

 

aucun mot
du silence
ne change

ne pourrait
changer

seule notre
écoute
connaît des
variations

Pierre Soupir

 

del silenzio
non
cambia
parola alcuna

cambiare      non
può

il nostro ascolto soltanto conosce variazioni

Traduzione dal francese di rosaturca

 

Estratto da Les contours du dedans – p. 72
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Pierre Soupir – il sito dell’autore
 

 

 

 

 

 

 

Promesse de neige – Hervé Chesnais

 

 

 

perché l’infanzia non ha mai fine …

 

I bambini aspettavano la neve. I bambini non hanno pazienza. Gridavano per crepare le nuvole, disegnando sui loro quaderni dei cannoni puntati verso il cielo basso, facevano cerchio nel cortile, come pagani sotto gli alberi spogli con tutte le loro forze sfidando l’equilibrio delle nuvole……….

Hervé Chesnais

Traduzione dal francese di rosaturca

cliccare QUI per l’articolo completo

 

 

 

 

 

 

Sul margine

 

 

 

Ogni volta tra — durre      e poi

Dimentica

e

nuovamente tornare
sui miei passi le sue immagini — le sue ? Le mie parole.

Il testo, la marea del corpo che forma questa voce. sempre là che riecheggia la sua attesa, e innestato alla mia lingua a colpi di incisioni. Illeggibile questa teoria di pelle e di saliva, questi orizzonti che si sfanno di polvere. questa traccia del sangue declinato nelle sue calcinazioni.

Tentazione di abbandonare — sempre la stessa.

E poi. Sei tu che leggi per caso e non dici niente. Guardi. Riguardi le parole, segui lo scritto del testo, ti guardi intorno. E’ stato allora che ho visto. qualcosa passare fra noi e potere sospendere il verso del tempo. qualcosa si è visto, è avvenuto. chissà dove chissà perché.

bologna. 23 dicembre 2015
 

cliccare QUIchissà dove chissà perché

 

 

 

 

 

 

Ma vie au village – Serge Marcel Roche

 

 

 

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Episodio 31

I nibbi girano il cemento del cielo, le grida sono più lucide, il rumore della città in alto crepita nell’orecchio. Occorrerebbe che il corpo non fosse così stanco. Si vede talvolta un occhio in una parvenza di blu che ci guarda, una scoria di nuvola prima che si dissolva. « Ah, mais n’oubliez pas le sang toujours sur la route, les solitaires que l’on calcine… » No, noi non dimenticheremo della foresta il sangue che passa ogni giorno sulla strada, e nella savana gli alberi calcinati anneriti, solitari nella morte. La pietra si arroventa e noi a cuocere nell’oblio. a predire di nausee, di spasmi. eppure a sentire lontano, così lontano da superare la distanza degli aerei. a prendere l’aria cattiva che ci spezzerà le ossa e addormentarsi dicendo che non esiste niente. auscultare gli hiboux asmatici. avere le dispepsie lunari. affannare tra schiuma e lenzuolo. seguire sul soffitto tutta una geografia di macchie e resti dei nembi di pioggia. volere, in sogno, penetrare degli istmi che si restringono. ancorare la piroga al letto. Poi vorremo che tutto questo finisca, come finivano i vecchi dischi continuando a girare, scricchiolii di zaffiro sul fondo dell’orizzonte nei secchi pascoli.

Serge Marcel Roche

Traduzione dal francese e corsivo in italiano nel testo di rosaturca

 

cliccare QUI per l’episodio in lingua originale

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QUI un’anteprima di più episodi tradotti in italiano

 

 

 

 

 

 

“bouche à bouche…” – Pierre Soupir

 

 

 

” bouche à bouche
avec la froideur
d’un souvenir ému “

                                          Pierre Soupir

 

 

bocca
a bocca
con il rigore di un
ricordo
commosso

Traduzione dal francese di rosaturca
 

cliccare QUI per l’anteprima delle traduzioni di versi di Pierre Soupir

 

 

 

 

 

 

S. M. Roche – Journal de la brousse endormie

 

 

 

 

couverture-brousse

 

 

Éditions QazaQ ( cliccare QUI per scaricare in PDF / ePub )

Chemin tournant ( cliccare QUI per il sito dell’autore )

 

 

 

Poèmes écrits dans la chambre, de nuit.
Lui à la table ne fait rien que chercher
la douceur trop souvent absente du cœur humain,
la cherche dans la forme enneigée de l’effraie,
le nid de l’oiseau-soleil,
le silence du bois,
le coq sur le toit,
les arbres des forêts
et la chair tremblante du vent sous le poids de la gloire.

Vient le jour,
son pendant à porter,
les pistes à départir,
les heures à remonter,
le prochain pas à faire
avec la terre battue du corps
sous le couvert des nuages.

Serge Marcel Roche
 

 

 

Poesie scritte nella stanza, di notte.
Seduto al tavolo non fa che cercare
la dolcezza troppo spesso assente dal cuore umano,
la cerca
nella forma innevata di spavento,

il nido dell’uccello-sole,
il silenzio del bosco,
il gallo sul tetto,
gli alberi della foresta
e la carne tremante del vento sotto il peso della gloria.

Viene giorno,
[ la sua pendenza ] da portare,
le piste da ripartire,
le ore da risalire,
il prossimo passo da fare
con la terra battuta del corpo
sotto il manto di nuvole.

Traduzione dal francese di rosaturca

bologna. 12 novembre 2015
 

 

 

 

 

 

Slow Reading – ALBERT CAMUS

 

 

 

“Refaire une société vivante à l’intérieur d’une société condamnée” *

Albert Camus

 

*rifare una società, viva, al cuore di una società di condannati

Traduzione in italiano di rosaturca

 

 

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griglia del testo in francese

 

 

 

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griglia del testo in italiano

 

sito : MOTS LIÉS – Parcours de lecture
Grazie a @aunryz !

 

( cliccare QUI per la pubblicazione originale )

 

 

 

 

 

 

Le sang et l’eau – Pierre Reverdy

 

 

 

 

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bologna. 1 luglio, ore 14.00
Biblioteca dip. lingue straniere
( cliccare sull’immagine per ingrandire )
 

 

 

      Le sang et l’eau

Ce que l’homme a de meilleur en lui, après le sang pour lui, ce sont les larmes.

Pierre Reverdy Le gant de crin Flammarion, 1968
 

* * *

      Il sangue e l’acqua

Ciò che l’uomo ha di meglio in sé, dopo il sangue per sé, sono le lacrime.

Traduzione dal francese rosaturca
 

 

 

 

 

 

Pierre Reverdy – En vrac

 

 

 

Pierre Reverdy, circa 1960
Pierre Reverdy, ca 1960 – by Gisèle Freund
 

 

 

“On ne fait pas de poésie. On écrit des poèmes en risquant sa chance; on peint des tableaux, on compose une musique et il s’en dégage de la poésie ou il ne s’en dégage pas, c’est-à-dire qu’on a écrit, peint ou composé absolument pour rien, ou bien…”

Pierre Reverdy
En vrac– Flammarion, 1989
 

 

* * *

 

 
Non si fa della poesia. Si scrivono delle poesie rischiando in proprio, si dipingono dei quadri, si compone una musica ed è come disimpegnarsi dalla poesia oppure non disimpegnarsene affatto, che è lo stesso che dire che si è scritto, dipinto o composto assolutamente per niente …

Traduzione dal francese di rosaturca
 

 

 

 

 

 

Charles Baudelaire – L’étranger

 

 

 

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Parigi 9 aprile 1821 – 31 agosto 1867
 

 

 

 
      L’étranger

“Qui aimes-tu le mieux, homme énigmatique, dis? ton père, ta mère, ta sœur ou ton frère?”
“Je n’ai ni père, ni mère, ni sœur, ni frère.”
“Tes amis?”
“Vous vous servez là d’une parole dont le sens m’est resté jusqu’à ce jour inconnu.”
“Ta patrie?”
“J’ignore sous quelle latitude elle est située.”
“La beauté?”
“Je l’aimerais volontiers, déesse et immortelle.”
“L’or?”
“Je le hais comme vous haissez Dieu.”
“Eh! qu’aimes-tu donc, extraordinaire étranger?”
“J’aime les nuages… les nuages qui passent… là-bas… là-bas… les merveilleux nuages!”

Charles Baudelaire

 

 * * *

 

      Lo straniero

“Dì, chi ami di più, uomo enigmatico? Tuo padre, tua madre, tua sorella o tuo fratello?”
“Non ho padre, né madre, né sorella, né fratello.”
“I tuoi amici?”
“Vi servite di una parola di cui il senso mi è rimasto fino ad ora sconosciuto.”
“La tua patria?”
“Ignoro sotto quale latitudine sia situata.”
“La bellezza?”
“L’amerei volentieri, dea e immortale.”
“L’oro?”
“Lo odio, come voi odiate Dio.”
“Eh! Chi ami dunque, straordinario straniero?”
“Amo le nuvole… le nuvole che passano… laggiù… laggiù… le nuvole meravigliose!”

Traduzione dal francese di rosaturca
 

 

 

 

 

 

T. Tranströmer ( nota sulle immagini )

 

 

 

      T. Tranströmer ( nota sulle immagini )

Possiamo fare esperienze di bellezza. Quando succede non si sa mai, prima. Soltanto dopo, più tardi se qualcosa è accaduto si vede.

I racconti di ricordi di Tomas Tranströmer nella traduzione italiana, trascorrono con una voce che rischiara appena la memoria d’immagini che avvengono sotto i nostri occhi e tuttavia molto più indietro, lontane nel tempo. Nella mia vita di lettrice è la prima volta che mi succede di cogliere un ascolto così, la prima volta in cui leggendo mi percepisco fisicamente in uno spazio incerto fra il non più e il non ancora.

E poi mi viene in mente che avevo già provato uno smarrimento simile davanti al mio ultimo album di fotografie. Che non ero riuscita a risolvere, fissata in quello stupore per me allora inintelligibile e perciò senza via d’uscita. 

Bocca di Magra sulla riviera ligure è un villaggio di pescatori e in passato luogo di ritrovo di scrittori e poeti. Non lo sapevo ancora quando ci sono stata, portata là dal mio fratellino come un regalo nelle prime ombre della sera. La dolcezza del paesaggio d’acque, la magia della confluenza tra il fiume e il mare e ciascuno di noi solitario in quell’ora del paesaggio sul finire di un giorno di pioggia. Quasi senza vedere, senza nessuna importanza ho fermato alcune fotografie.

E’ stato naturale accompagnare la lettura dei racconti con una scelta di  quelle immagini, anche se — come già nei casi precedenti — non presentano alcuna corrispondenza superficiale con il testo. Svanito ogni imbarazzo, un legame più fondo, quasi un vincolo con le forze segrete che muovono la materia della vita agisce nella trama dell’ascolto come in quella dello sguardo.

bologna. 9 aprile 2015
 

 

 

 

 

 

T. Tranströmer – Musei

 

 

 

      MUSEI *

Nella mia infanzia ero attirato dai musei. In primo luogo il museo nazionale di Storia Naturale, nel sobborgo di Frescati. Che palazzo! Gigantesco, babilonico, inesauribile!
Visitavo il museo con qualcuno che mi teneva per mano. Avevo più o meno cinque anni.

 

 

 
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I.

 

 

 

All’entrata si era accolti da due scheletri di elefanti. Erano i custodi della porta del meraviglioso. Mi facevano un’enorme impressione e li disegnai su un grande blocco.
Dopo qualche tempo le visite al museo cessarono. Ero entrato in una fase in cui avevo una paura inaudita degli scheletri … la paura si estendeva a tutti gli scheletri in generale, quindi anche a quelli degli elefanti del museo. Avevo perfino paura del mio disegno e non osai più aprire il blocco.

 

 

 
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II.

 

 

 

Rivolsi allora il mio interesse al museo della Ferrovia … Un paio di volte alla settimana scendevo con il nonno dalle alture di Söder per andare a visitarlo. Anche il nonno evidentemente doveva essere affascinato dai modellini dei treni, altrimenti non avrebbe resistito. Diventava poi una vera festa quando potevamo concludere la nostra gita nella vicina stazione Centrale di Stoccolma, dove arrivavano sbuffando treni a grandezza naturale.

 

 

 
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 III.

 

 

 

Qualche anno dopo, in età scolare, tornai al museo di Storia Naturale. Ero a quel punto uno zoologo dilettante, serio, da piccolo adulto. Passavo il tempo chino sui libri di insetti e di pesci.
Avevo anche cominciato a raccogliere le mie collezioni personali. Le tenevo in casa in un armadio. Ma nella mia testa cresceva intanto un museo immenso e tra questo museo fantastico e quello molto reale di Frescati c’era un continuo interscambio.

 

 

 
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IV.

 

 

 

Più o meno ogni due domeniche andavo al museo di Storia Naturale. Prendevo il tram fino a Roslagstull e facevo gli ultimi chilometri a piedi. La strada era sempre un po’ più lunga di quanto non pensassi. Ricordo benissimo queste spedizioni, tirava sempre vento, il naso gocciolava, gli occhi lacrimavano. Non ricordo invece nessun percorso inverso, è come se non fossi mai tornato a casa, ma solo andato, in un perenne pellegrinaggio pieno di aspettative, moccioso e lacrimante, verso il colossale edificio babilonico.

 

 

 
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V.

 

 

 

Collezionai insetti, e soprattutto scarafaggi, dagli undici anni fino più o meno ai quindici. Poi furono soprattutto gli interressi concorrenti a prevalere, soprattutto artistici. Che malinconia che l’entomologia dovesse cedere loro il posto!

 

 

 
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 VI.

 

 

 

L’attività cominciava in primavera, ma naturalmente era soprattutto d’estate che fioriva, sull’isola di Runmarö … Ero sempre fuori in perenni spedizioni. Una vita all’aria aperta senza il minimo interesse salutistico. Non avevo ovviamente alcun punto di vista estetico sulle mie prede — si trattava di Scienza — ma senza rendermene conto feci molte esperienze di bellezza. Mi muovevo nel grande mistero. Imparavo che la terra era viva e che esisteva un mondo infinitamente grande che strisciava e volava e viveva la sua ricca vita senza curarsi minimamente di noi.

 

 

 
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VII.

 

 

 
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VIII.

 

* Minnena ser mig, I ricordi mi guardano nella traduzione dallo svedese di Enrico Tozzo, per le edizioni Iperborea. Milano 2011
 

 

I – VIII  Dove il fiume si getta a mare
Bocca di Magra, riviera ligure. Pasqua 2015
( cliccare sulle immagini per ingrandire )

 

 

 

 

 

 

T. Tranströmer – Ricordi #3

 

 

 

      RICORDI*

Dopo il divorzio, la mamma e io ci trasferimmo in Folkungagatan 57, un’abitazione di classe medio bassa … I ricordi di quella casa si congegnano più o meno come in un film degli ani Trenta o Quaranta, con adeguata galleria di personaggi …
C’era uno sporadico andirivieni di estranei. Qualche ubriaco cercava di riprendersi nella tromba delle scale. Dei mendicanti suonavano alla porta un paio di volte alla settimana … La mamma preparava loro dei panini — dava fette di pane invece di soldi.

 

 

 

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I.

 

 

 
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II.

 

 

 

Io disegnavo quasi ininterrottamente a quei tempi, verso la fine degli anni Trenta. Il nonno portava a casa rotoli di carta bianca del tipo che allora si usava in tutti i negozi di alimentari e io li riempivo di storie disegnate. Avevo imparato a scrivere verso i cinque anni, è vero. Ma ci voleva troppo tempo. La mia fantasia reclamava un mezzo di espressione più rapido. Per di più non avevo nemmeno la pazienza di disegnare accuratamente. Avevo sviluppato una specie di stenografia figurata con corpi in violento movimento e un’azione drammatica molto azzardata, ma senza dettagli. Erano fumetti a mio solo uso e consumo.

 

 

 

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III.

 

 

 

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IV.

 

* Minnena ser mig, I ricordi mi guardano nella traduzione dallo svedese di Enrico Tozzo, per le edizioni Iperborea. Milano 2011
 

 

I – IV Laboratorio di artigiano della cartapesta. Lecce, marzo 2015
( cliccare sulle immagini per ingrandire )

 

 

 

 

 

 

T. Tranströmer – Ricordi #2

 

 

 

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I.

 

 

 
      RICORDI *

Le prime esperienze restano per la maggior parte irraggiungibili. Racconti ripetuti, ricordi di ricordi, ricostruzioni in funzione di stati d’animo che improvvisamente si riaccendono.
Il mio primo ricordo databile è una sensazione. Una sensazione di fierezza. Ho appena compiuto tre anni e mi hanno detto che è qualcosa di molto importante, che adesso sono diventato grande. Sono a letto in una stanza luminosa e a un tratto poso i piedi sul pavimento con l’inaudita consapevolezza che sto diventando adulto. Ho una bambola, cui ho dato il nome più bello che sono riuscito a inventare : KARIN SPINA. Non la tratto maternamente. E’ più una compagna o un’innamorata.

 

 

 

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II.

 

 

 

Abitiamo nel quartiere di Söder a Stoccolma, in Swedenborgsgatan 33. Papà fa ancora parte della famiglia, ma tra poco ci lascerà. Il nostro stile è piuttosto «moderno» –fin dall’inizio do del «tu» ai miei genitori. Abbiamo i nonni vicini, abitano proprio dietro l’angolo.

 

 

 

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II.

 

 

 

Il nonno, Carl Helmer Westerberg, è nato nel 1860. Era pilota di rimorchiatori e mio grandissimo amico, maggiore di me di settant’un anni. E’ strano che ci fosse la stessa differenza d’età tra lui e suo nonno, che era quindi nato nel 1789 : presa della Bastiglia, ammutinamento di Anjala, Mozart compone il quintetto per clarinetto. Due grandi passi uguali indietro, due lunghi passi, ma in fondo non così lunghi. Si può toccare la storia.
Mio nonnno parlava la lingua dell’Ottocento.

 

* Minnena ser mig, I ricordi mi guardano nella traduzione dallo svedese di Enrico Tozzo, per le edizioni Iperborea. Milano 2011
 

 

I – III Lecce, palazzo vescovile. Marzo 2015
( cliccare sulle immagini per ingrandire )

 

 

 

 

 

 

T. Tranströmer – Ricordi #1

 

 

 

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( cliccare sull’immagine per ingrandire )
 

 

 
      RICORDI

«La mia vita». Quando penso a queste parole mi vedo davanti una scia di luce. Guardando più da vicino, la scia di luce ha la forma di una cometa, con una testa e una coda. L’estremità più luminosa, la testa, è l’infanzia e l’adolescenza. Il nucleo, la parte più densa, sono quei primissimi anni in cui vengono definiti i tratti fondamentali della nostra esistenza. Cerco di ricordare, cerco di arrivare fino a là. Ma è difficile muoversi in quelle regioni compatte, è pericoloso, mi dà come la sensazione di avvicinarmi alla morte. Poi la cometa si dirada — è la parte più lunga, la coda. Diventa man mano più rarefatta, ma anche più ampia. Ora sono a uno stadio avanzato della coda, ho sessant’anni quando scrivo queste righe.  *

 

 

 

La roccia dell’aquila

Dietro il vetro dell’urna
i rettili
stranamente fermi.

Una donna stende il bucato
nel silenzio.
La morte è senza vento.

Nelle profondità della terra
scivola la mia anima
silenziosa come una cometa. * *

 

*
*  *

 

Örnklippan

Bakom terrariets glas
reptilerna
underligt orörliga.

En kvinna hänger tvätt
i tystnaden.
Döden är vindstilla.

I markens djup
glider min själ
tyst som en komet.

 


Minnena ser mig, I ricordi mi guardano nella traduzione dallo svedese di Enrico Tozzo, per le edizioni Iperborea. Milano 2011

* *
Dalla raccolta Den stora gåtan, Il grande mistero nella traduzione dallo svedese di Maria Cristina Lombardi, per le edizioni Crocetti. Milano 2011
 

 

 

 

 

 

SON SEUL PASSAGE – Pierre Reverdy

 

 

 

(Testo originale in lingua francese tradotto in italiano)

Son seul passage

Sur le bord du chemin où il s’est laissé tomber, les bras pendants, ses mains traînent dans le ruisseau où l’eau ne coule pas. La forêt s’ouvre sur sa tête et d’en haut le passant regarde le chemin. Il attend; aucun bruit ne court ailleurs que dans les branches où passe le vent. Le silence a désolé son cœur solitaire et fermé.

Un chien qui mord, une roue qui crie sur le gravier un moment secoueraient sa torpeur. Mais pour lui le monde est une route interminable où l’on se perd. Il a laissé dans les buissons ses souvenirs et les années passées sans rien comprendre.

La forêt qui l’arrête est un abri où il fuit le soleil et il regarde, sans la voir, monter la route vers les arbres. Plus loin le village s’endort étendu dans les champs que la nuit assombrit, mais pas une fenêtre en s’éclairant ne lui sourit.

Pierre Reverdy
LA LUCARNE OVALE (1916)

 

* * *

 

Il suo solo passaggio

Sul bordo del cammino dove si è lasciato cadere, le braccia che pendono, le mani che strascicano nel ruscello dove l’acqua non scorre. Sulla sua testa s’apre la foresta e dall’alto il passante guarda il cammino. Aspetta; nessun altro rumore che corra oltre a quello dei rami al passaggio del vento. Il silenzio ha desolato il suo cuore solitario e chiuso.

Un cane che morde, una ruota che grida sulla ghiaia per un momento hanno scosso il suo torpore. Ma per lui il mondo è una strada interminabile in cui ci si perde. Ha lasciato dentro i cespugli i suoi ricordi e gli anni passati senza capire niente.

La foresta che lo ferma è un ricetto in cui lui sfugge al sole e guarda salire, non vedendola, la strada verso gli alberi. Più lontano il villaggio si addormenta disteso nei campi che la notte adombra, ma non una finestra che illuminandosi verso di lui sorrida.

Traduzione dal francese di rosaturca

 

 

 

 

 

LE VOILE DU TEMPS – Pierre Reverdy

 

 

 

(Testo originale in lingua francese tradotto in italiano)

Le voile du temps

Le temps passe à des gens plus vieux. La lumière froide qui sort de leurs yeux n’appelle pas le jour. Ils regardent en dedans pour rien voir. Des gens, des souvenirs pénibles y remuent. Parfois des formes se précisent et leurs têtes se penchent lentament. Ils sont émus.

Entre les fenêtres qui se croisent on n’écoute pas. Le soir vient et la lampe traverse la maison. Un oiseau de nuit chance, une voix des femme lui réponde. Mais celii qui est parti n’est pas encore revenue.

A genoux devant son image elle demande pardon. Un son de cloches frôle le toit, une ombre a remué dans le rideau du fond. Une pluie d’étoiles descend du cadre où il y a un mort. Le feu d’en bas s’éteint peu à peu.

Devant la porte par où les vieillards sont sortis il y a un trou et un voile de neige qui tombe pour nous empêcher de voir. Le vent qui souffle nous fait trembler — ou la peur qui vient des limites qu’on ne connaît pas.

Pierre Reverdy
LA LUCARNE OVALE (1916)

 

* * *

 

IL VELO DEL TEMPO

Il tempo vola per i più vecchi. La luce fredda che spandono i loro occhi non chiama il giorno. Guardano all’in-dentro per vedere: niente. Vi si agitano persone, ricordi penosi. Talvolta alcuni contorni si fanno più precisi e le loro teste si chinano lentamente. Sono commossi.

Fra le finestre che si socchiudono niente che si oda. Viene la sera e il lume attraversa la casa. Un uccello notturno canta, una voce di donna gli risponde. Ma chi se n’è andato non è ancora tornato.

In ginocchio davanti alla sua immagine lei chiede perdono. Un suono di campane sfiora il tetto, ha mosso un’ombra nella tenda di fondo. Una pioggia di stelle discende dalla cornice in cui è un morto. Di sotto il fuoco si spegne poco a poco.

Davanti alla porta da cui i vegliardi sono usciti c’è un buco e cade un velo di neve per impedirci di vedere. Il vento che soffia ci fa tremare — o la paura che viene dai limiti che non si conoscono.

Traduzione dal francese di rosaturca

 

 

 

 

 

CHAIR VIVE – Pierre Reverdy

 

 

 

(Testo originale in lingua francese tradotto in italiano)

Chair vive

Lève-toi carcasse et marche
Rien de neuf sous le soleil jaune
Le der des der des louis d’or
La lumière qui se détache
Sous les pellicules du temps
La serrure du coeur qui éclate
Un fil de soie
Un fil de plomb
Un fil de sang
Après ces vagues de silence
Ces signes d’amour au crin noir
Le ciel plus lisse que ton oeil
Le cou tordu d’orgueil
Ma vie dans la coulisse
D’où je vois onduler les moissons de la mort
Toutes ces mains avides qui pétrissent des boules de fumée
Plus lourdes que les piliers de l’univers
Têtes vides
Coeurs nus
Mains parfumées
Tentacules des singes qui visent les nuées
Dans les rides de ces grimaces
Une ligne droite se tend
Un nerf se tord
La mer repue
L’amour
L’amer sourire de la mort

Pierre Reverdy
BOIS VERT (1946-49)

 

* * *

 

Carne viva

Levati carcassa e mettiti in marcia
Niente di nuovo sotto il sole giallo
L’ultimo degli ultimi luigi d’oro
La luce che si stacca
Sotto pellicole del tempo
La serratura del cuore che scoppia
Un filo di seta
Un filo di piombo
Un filo di sangue
Dopo queste onde di silenzio
Questi indizi d’amore dal crine nero
Il cielo liscio più del tuo occhio
Il collo torto d’orgoglio
La mia vita nel retroscena
Da cui vedo ondeggiare le messi della morte
Tutte queste mani avide che pressano palle di fumo
Più pesanti dei pilastri dell’universo
Teste vuote
Cuori nudi
Mani profumate
Tentacoli di scimmie che mirano alle nubi
Nelle rughe di queste smorfie
Una linea dritta si stira
Un nervo si torce
Il mare sazio
L’amore
L’amaro sorridere
Della morte.

Traduzione dal francese di rosaturca