AGAMENNONE – Benigna tu sei, o bella Artemide […]

 

 

 

Coro:

epodo

“Benigna tu sei, o bella Artemide, ai teneri cuccioli do feroci leoni e ai piccoli ancora lattanti di tutte le fiere agresti; ma in bene si compia, ti prego, questo presagio, che favorevole apparve, se anche per te esecrando.

E te invoco, soccorritore Peana, non voglia la dea con venti contrari e lunghe dimore tener ferme alla riva le navi dei Danai; né voglia apprestare un altro sacrificio, contrario a natura questo, contrario a imbandigione di carni, artefice di liti domestiche, che fa nemica una sposa al suo sposo. Terribile furia resterà nlla casa, ricordevole e subdola, e pronta a risorgere per vendetta dei figli”.

Tali funeste vicende, sebbene congiunte a prosperi eventi, dal volo degli uccelli preannunciò Calcante alla casa del re.

E tu con questi presagi accorda lugubre canto, lugubre canto intona; ma il bene trionfi.

 

Dalla parodo di Agamennone, di Eschilo. Traduzione di Manara Valgimigli.

 

 

 

 

AGAMENNONE – Apparve il re degli uccelli ai re delle navi […]

 

 

 

Coro:

strofe

[…]

Apparve il re degli uccelli ai re delle navi. Due aquile erano, la nera e la bianca. Apparvero presso la reggia, dalla parte del braccio che vibra la lancia. Spiccavano in alto nelle lor sedi aeree, e divoravano una lepre femmina, gonfia del suo peso di figli, ghermita nell’ultima corsa. Intona lugubre canto, lugubre canto intona, ma il bene trionfi.

antistrofe

Vide il sapiente indovino dell’esercito; e conobbe che la coppia dei due guerrieri Atridi erano essi i divoratori della lepre, i capi della spedizione. E così disse interpretando il prodigio: “Giorno verrà che la città di Priamo sarà distrutta da quest’armata pronta a partire; e quante ricchezze le genti di Troia avevano accumulate dentro la loro corona di torri, violentemente la Moira saccheggerà. Purché la collera di un dio non fulmini prima e non copra di tenebre il grande esercito che intorno a Troia accampato la serra come una morsa. Pietosa è della lepre la sacra Artemide e irata agli alati cani di Zeus che la misera madre tremebonda prima del parto sacrificarono con gli stessi suoi figli. Odia la dea il convito delle aquile.” Intona lugubre canto, lugubre canto intona; ma il bene trionfi.

 

Dalla parodo di Agamennone, di Eschilo. Traduzione di Manara Valgimigli.

 

 

 

 

AGAMENNONE – E tu, figlia di Tindaro […]

 

 

 

Corifeo:

“E tu, figlia di Tindaro, regina Clitemestra, che cerchi, che cerchi di nuovo, che sai, quale notizia hai avuta, che mandi tutt’attorno sacrifici votivi agli dèi? Degli dèi che proteggono la città, superi e inferi, degli dei delle case e delle piazze, di tutti sopra gli latari bruciano le offerte. Da tutte le parti si levano fiamme, fino al cielo si allungano, ravvivate da schiette, da molli blandizie di purissimi unguenti, nutrite da libami che vengono dalle stanze regali.

[…]

Medica tu questa nostra ansia. Ancora presentimenti di male? Splenda dai sacrifici una dolce speranza che tenga lontano il dolore, insaziato dolore che il nostro cuore divora!”

 

Dalla parodo di Agamennone, di Eschilo. Traduzione di Manara Valgimigli.

 

 

 

 

AGAMENNONE – Il decimo anno […]

 

 

 

Corifeo:

“Il decimo anno è questo da quando il grande avversario di Priamo, Menelao re e con lui Agamennone, duplice trono e duplice scettro avuti in onore da Zeus, saldo giogo di Atridi, da questa terra uno stuolo di navi argive levarono esercito vendicatore. E dal cuore gonfio di collera gridarono il grande grido di guerra. Simili erano ad avvoltoi che dolenti dei figli strappati loro dal nido, in alto sul nido volteggiano e con gli alati remi battono l’aria e lamentano la fatica di avere inutilmente scaldato nel covo gl’implumi. Ma ode dall’alto un dio, o Apollo, o Pan, o Zeus. Ode degli avvoltoi l’acuta querela, e a vendetta di questi mèteci dell’aria, anche se punitrice tarda, spedisce contro i predoni la Erinni. Così contro Alessandro i due figli di Atreo spedisce Zeus.

Così Giove ospitale onnipotente
manda contro Paride la prole di Atreo,
imponendo per una donna,
preda di uomini molti,
molte lotte a fiaccare le membra, (*)

E intorno alla donna adultera suscita una dopo l’altra battaglie e si vedranno guerrieri che piegano le membra, e ginocchia puntate nella polvere, e lance spezzate, di Troiani e di Danai insieme.

Dovunque sia ora il destino, per tutti è segnato e già volge al suo compimento. Sacrifici empi non ardono, né sotto aggiungendo esca né sopra versando unguenti: nessuno potrà placarne le inflessibili collere.

E noi che con questa vecchia carne non potemmo pagare il debito di guerra e indietro fummo lasciati, qui siamo rimasti a reggere sui bastoni il nostro vigore infermo. Simile a linfa che in membra di infanti appena incominci salire, tale è quella dei vecchi, e Ares non ha quivi dimora. Che cosa è un vecchio quando le fronde già sono inaridite? Se ne va sulla via su tre piedi, è meno saldo di un bimbo, e vagola simile a un fantasma di un sogno diurno.”

 

Dallla parodo di Agamennone, di Eschilo. Traduzione di Manara Valgimigli.

(*) Traduzione di Leone Traverso.

 

 

 

 

AGAMENNONE – E quando la notte […]

 

 

 

Scolta:

[…]

E quando la notte, su questo giaciglio battuto dal vento, bagnato dalla rugiada, non visitato da sogni – perché la paura mi sta dappresso e non il sonno, la paura che m’impedisce di chiudere al sonno le ciglia – quando mi provo a cantare un canto o a mormorare una nenia sommessa,

se levo uno canto ad incantare il sonno,
piango le avversità di questa casa (*)

allora io gemo e piango la sorte di questa casa che non più come prima buoni reggitori governano.”

 

 

Dal prologo di Agamannone, di Eschilo. Traduzione di Manara Valgimigli.

(*) Traduzione di Leone Traverso.