Chopin

 

 

 

Chopin

 

 

a L. Z.

Brillano
le note       in faccia al giorno sereno,
di sotto la volta
di pietra       più chiara
dal tuo sorriso.

Jerusalem Bononiensis. 22 giugno 2016
 

 

 

 

 

 

Modlov_sabes que me voy

 

 

 

 
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bologna, via Castiglione. Aprile 2016
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Bologna, sabes que me voy
para echarte de menos

Modlov

 

Bologna,
sappi che vado via
per sentirti mancare
di più

 

 

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bologna, la torre degli Asinelli di scorcio in via Castiglione
Aprile 2016
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bologna. 22 aprile 2016
 

 

 

 

 

 

Il pianista sotto i portici

 

 

Lorenzo Zava, il pianista sotto i portici

 

 

 

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Lorenzo Zava – il pianista sotto i portici
bologna, portico del Pavaglione. 21 settembre 2015
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                                      ” La poesia è una retorica vittoriosa, ma la musica lo è di più. “

 

E’ essenziale non perdere di vista la concretezza di ciò che è vero, riuscire a distinguerla dalle illusioni deluse di ciò che era stato più desiderabile. Era quello che andavo pensando alle quattro del pomeriggio, seduta al Mercato di Mezzo davanti a cappuccino e brioche. Fra le ondate  di vento più fresco, la luce che si schermava di grigio, nel piacere degli accenti di lingue diverse che si parlavano intorno a me.

      La sera prima avevo conosciuto Lorenzo, tornando a casa, avevo scoperto la dolcezza selvaggia del tocco della musica nella prima oscurità. Da lontano avevo seguito quel suono, da sotto il voltone della Mnemosyne di Modlov, da dietro il palazzo del museo. E quelle note barocche erano un ponte gettato sulla tristezza immensa, una passerella di giunchi legati come un canto alla musica e in cui condensava – soltanto per me – la marea del suono in parole. Soltanto dopo nella luce del portico ho scorto la figura, ho fermato una fotografia di quel passaggio della vita. La musica, quella di Haydn, e poi Bach dedicato, un preludio di quel clavicembalo…
Più tardi. Avrei smesso di ricordare le parole senza volto nella prima oscurità, ma non ho smesso di conoscerne la voce. Il senso, un segreto.

      E poi la vita nuovamente ha ripreso a passare. Grazie Lorenzo.

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bologna. 21 – 29 settembre 2015
 

 

 

 

 

 

Quello che Dio vuole

 

 

 

 

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bologna, sotto il portico in via San Petronio Vecchio. Settembre 2015
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Mañana no será
lo que Dios quiera.
A G

 

Il giorno non sarà
quello che Dio vuole.

bologna. 22 settembre 2015
 

 

 

 

 

 

___ la misma cadencia

 

 

 

 

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bologna. Via Castiglione, angolo via Sampieri. Aprile 2015
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 __ tienen la misma cadencia __ noches las mismas estrellas

 

Di cadenze       come di notti
di stelle

bologna. 12 aprile 2015
 

 

 

 

 

 

Mnemosyne_ y siempre tengo

 

 

 

 

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bologna, dopo il voltone in via de’ Foscherari. Giugno 2014
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Y siempre tengo tus ojos como un amuleto

                                                      Mnemosyne

e sempre tengo i tuoi occhi come
un amuleto

bologna. Giugno 2014
 

 

 

 

 

 

Modlov_ mi poesia no es mia

 

 

 

 

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bologna, portico in via San Leonardo. Settembre 2014
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mi poesia no es mia
sino de quien la necesita
              igual que el pan
              pertenece al hambriento

                                               Modlov

la mia poesia non è mia
ma di chi ne ha bisogno       come il pane
appartiene a chi è affamato

bologna. Settembre 2014
 

 

 

 

 

 

Una pioggia di seta.

 

Prima che passi oltre questa pioggia sulla città insieme al suo ricordo: orizzontale cortina che scivola senza peso come fosse piumata. Piove primavera. E il suono delle campane non riesce a risalire l’aria densa e disperdersi nel cielo, a tutte le ore rimane accanto e la misura del tempo è piena di durata.
La  pioggia di notte che ascolto mi accompagna verso il riposo più mite.

 

 

La calma delle sere.

 

Con la bella stagione che avanza forse il guadagno maggiore che ne riceviamo sono le sere, lente, lunghe, ognuna memorabile per il canto degli uccelli -fra tutti, quello dei merli solitari all’aria fresca del primo imbrunire. E la preziosa nostalgia che disorienta nel cuore, che non sappiamo di portare per qualcosa che non abbiamo conosciuto mai, di cui pure continuiamo a ricordare.

 

 

A luci spente.

 

I corpi delle cose nell’ombra della notte, a luci spente sulle vie, occupano lo spazio con le loro densità fatte di tempo, di antico. Di sonoro. Spicca ciascuna nell’aria tersa con i suoi volumi, restituita -non vista -alla fragranza della materia propria elementare: la pietra, l’impasto cotto di terra, il bruno delle mura manufatte che perdurano prive di durezza nella sublimazione che ne fa ora lo specchio notturno d’atmosfera.

 

Febbraio.

 

 

Si annunzia sempre con il gelo, un freddo intenso da non poterne respirare. E diverso: l’aria non rarefà, ma al contrario s’addensa, gelando in umidori gravidi di nuova vita —soffici celesti chiarori fanno a gara la sera con le pietre del Palazzo dei banchi che si affaccia a occidente. Davanti a san Francesco cadono tramonti di zolfo.
Una letizia solitaria e pensosa, come una vena sepolta che affiori in tutta questa novità. Anche un principio di libertà allarmata per l’inattesa venuta, una paura a tratti. Dolore certo di non bastare a se stessi. Sempre così, a primavera.

 

 

Niente di più reale.

 

Costeggiano antiche vie i loro antichi palazzi mentre si levano d’un soffio all’apparire di un incedere diverso. L’affondo certo di un passo nell’aria densa e placa, più ampio il gesto, le vesti e la figura disegnano di quel passaggio alla memoria lasciti fluttuanti sensoriali. Il tempo vuole così -generatore d’immagini -per custodire, durare.

 

 

23 gennaio 2013.

 

Anche noi non abbiamo alcun teatro, così come non abbiamo un Dio. Anche ciascuno di noi ha le sue idee particolari e le sue paure e ne mostra agli altri quel tanto che gli è utile. Perché anche noi non siamo più comunità.* La stessa ragione per la quale ci manca di poter cogliere la vita sommessa che incessante attraversa le cose come pure noi stessi: accomunati nello stesso logorio del tempo, lo stesso anonimato, presi e portati a compimento -in ogni modo -nell’onda unanime dell’esistere.
Se non possiamo essere comunità, talvolta però riusciamo a rintracciare fra noi il gusto condiviso del vivere, che si fa luogo e progetto. Fino a un mattino presto di gennaio, imprevedibilmente azzurro e luminoso in cui si può murare, con diritto, una porta di mattoni e cemento. E assediare tutto intorno allo spazio chiuso e vuoto, con dispiego di forze di stato. E minacciare per tutto il giorno di botte.

Bartleby, a Bologna.

 

*Ripreso liberamente da I quaderni di Malte Laurids Brigge, di Rainer Maria Rilke.

 

 

Palazzo Pepoli – il museo.

 

Può accadere in un pomeriggio d’estate urbana da quaranta gradi all’ombra, di ritornare dalla visita al museo di storia della città e ritrovarsi dentro una rabbia e un dolore insopprimibili.
Il senso della storia e la vitalità dell’antico di una città ricevono sicuramente linfa nuova da un percorso museale, attraverso lo sforzo anche fisico di osservazione e interpretazione dei reperti, sia che si tratti di opere d’arte che di oggetti più modesti che abbiano valore di testimonianza della vita quotidiana. Se poi  la visita si svolge all’interno delle stanze di antichi palazzi, delle quali ancora sia visibile l’eleganza del gusto nelle pareti affrescate, negli stucchi e ancor più nell’inventiva dell’articolazione degli spazi, se ne ricava una rinnovata sensibilità anche per tutto il resto del tessuto urbano, quello esterno lungo le vie, trasformando in un’esperienza gratificante quelli che diversamente sarebbero soltanto indifferenti spostamenti quotidiani da un punto all’altro della città.

Ma cosa rimane di questa possibilità quando le antiche stanze siano state affollate da quantità di vetro, di plexiglas, di acciaio per sostenere pannelli e vetrine; oscurate per sempre finestre e lanterne allo scopo di consentire proiezioni di video, o cartoni animati, che illustrano quello che, in questo modo, non è più dato di vedere? Quale cattiva coscienza intellettuale si dissimula dietro questo dispiego costoso di multimedialità di luci a neon e schermi LED, questa disseminata virtualità in un luogo che invece consentirebbe per sua propria natura di ricostruire l’esperienza reale di un’idea di storia, di tempo passato? Niente da dire —una malcelata sensazione addosso che non abbiamo più niente da aggiungere, noi, a questa storia.

bologna. 2 luglio 2012.

Museo della Storia di Bologna (la pagina web).