T. Tranströmer ( nota sulle immagini )

 

 

 

      T. Tranströmer ( nota sulle immagini )

Possiamo fare esperienze di bellezza. Quando succede non si sa mai, prima. Soltanto dopo, più tardi se qualcosa è accaduto si vede.

I racconti di ricordi di Tomas Tranströmer nella traduzione italiana, trascorrono con una voce che rischiara appena la memoria d’immagini che avvengono sotto i nostri occhi e tuttavia molto più indietro, lontane nel tempo. Nella mia vita di lettrice è la prima volta che mi succede di cogliere un ascolto così, la prima volta in cui leggendo mi percepisco fisicamente in uno spazio incerto fra il non più e il non ancora.

E poi mi viene in mente che avevo già provato uno smarrimento simile davanti al mio ultimo album di fotografie. Che non ero riuscita a risolvere, fissata in quello stupore per me allora inintelligibile e perciò senza via d’uscita. 

Bocca di Magra sulla riviera ligure è un villaggio di pescatori e in passato luogo di ritrovo di scrittori e poeti. Non lo sapevo ancora quando ci sono stata, portata là dal mio fratellino come un regalo nelle prime ombre della sera. La dolcezza del paesaggio d’acque, la magia della confluenza tra il fiume e il mare e ciascuno di noi solitario in quell’ora del paesaggio sul finire di un giorno di pioggia. Quasi senza vedere, senza nessuna importanza ho fermato alcune fotografie.

E’ stato naturale accompagnare la lettura dei racconti con una scelta di  quelle immagini, anche se — come già nei casi precedenti — non presentano alcuna corrispondenza superficiale con il testo. Svanito ogni imbarazzo, un legame più fondo, quasi un vincolo con le forze segrete che muovono la materia della vita agisce nella trama dell’ascolto come in quella dello sguardo.

bologna. 9 aprile 2015
 

 

 

 

 

 

T. Tranströmer – Musei

 

 

 

      MUSEI *

Nella mia infanzia ero attirato dai musei. In primo luogo il museo nazionale di Storia Naturale, nel sobborgo di Frescati. Che palazzo! Gigantesco, babilonico, inesauribile!
Visitavo il museo con qualcuno che mi teneva per mano. Avevo più o meno cinque anni.

 

 

 
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I.

 

 

 

All’entrata si era accolti da due scheletri di elefanti. Erano i custodi della porta del meraviglioso. Mi facevano un’enorme impressione e li disegnai su un grande blocco.
Dopo qualche tempo le visite al museo cessarono. Ero entrato in una fase in cui avevo una paura inaudita degli scheletri … la paura si estendeva a tutti gli scheletri in generale, quindi anche a quelli degli elefanti del museo. Avevo perfino paura del mio disegno e non osai più aprire il blocco.

 

 

 
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II.

 

 

 

Rivolsi allora il mio interesse al museo della Ferrovia … Un paio di volte alla settimana scendevo con il nonno dalle alture di Söder per andare a visitarlo. Anche il nonno evidentemente doveva essere affascinato dai modellini dei treni, altrimenti non avrebbe resistito. Diventava poi una vera festa quando potevamo concludere la nostra gita nella vicina stazione Centrale di Stoccolma, dove arrivavano sbuffando treni a grandezza naturale.

 

 

 
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 III.

 

 

 

Qualche anno dopo, in età scolare, tornai al museo di Storia Naturale. Ero a quel punto uno zoologo dilettante, serio, da piccolo adulto. Passavo il tempo chino sui libri di insetti e di pesci.
Avevo anche cominciato a raccogliere le mie collezioni personali. Le tenevo in casa in un armadio. Ma nella mia testa cresceva intanto un museo immenso e tra questo museo fantastico e quello molto reale di Frescati c’era un continuo interscambio.

 

 

 
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IV.

 

 

 

Più o meno ogni due domeniche andavo al museo di Storia Naturale. Prendevo il tram fino a Roslagstull e facevo gli ultimi chilometri a piedi. La strada era sempre un po’ più lunga di quanto non pensassi. Ricordo benissimo queste spedizioni, tirava sempre vento, il naso gocciolava, gli occhi lacrimavano. Non ricordo invece nessun percorso inverso, è come se non fossi mai tornato a casa, ma solo andato, in un perenne pellegrinaggio pieno di aspettative, moccioso e lacrimante, verso il colossale edificio babilonico.

 

 

 
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V.

 

 

 

Collezionai insetti, e soprattutto scarafaggi, dagli undici anni fino più o meno ai quindici. Poi furono soprattutto gli interressi concorrenti a prevalere, soprattutto artistici. Che malinconia che l’entomologia dovesse cedere loro il posto!

 

 

 
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 VI.

 

 

 

L’attività cominciava in primavera, ma naturalmente era soprattutto d’estate che fioriva, sull’isola di Runmarö … Ero sempre fuori in perenni spedizioni. Una vita all’aria aperta senza il minimo interesse salutistico. Non avevo ovviamente alcun punto di vista estetico sulle mie prede — si trattava di Scienza — ma senza rendermene conto feci molte esperienze di bellezza. Mi muovevo nel grande mistero. Imparavo che la terra era viva e che esisteva un mondo infinitamente grande che strisciava e volava e viveva la sua ricca vita senza curarsi minimamente di noi.

 

 

 
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VII.

 

 

 
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VIII.

 

* Minnena ser mig, I ricordi mi guardano nella traduzione dallo svedese di Enrico Tozzo, per le edizioni Iperborea. Milano 2011
 

 

I – VIII  Dove il fiume si getta a mare
Bocca di Magra, riviera ligure. Pasqua 2015
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T. Tranströmer – Ricordi #3

 

 

 

      RICORDI*

Dopo il divorzio, la mamma e io ci trasferimmo in Folkungagatan 57, un’abitazione di classe medio bassa … I ricordi di quella casa si congegnano più o meno come in un film degli ani Trenta o Quaranta, con adeguata galleria di personaggi …
C’era uno sporadico andirivieni di estranei. Qualche ubriaco cercava di riprendersi nella tromba delle scale. Dei mendicanti suonavano alla porta un paio di volte alla settimana … La mamma preparava loro dei panini — dava fette di pane invece di soldi.

 

 

 

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I.

 

 

 
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II.

 

 

 

Io disegnavo quasi ininterrottamente a quei tempi, verso la fine degli anni Trenta. Il nonno portava a casa rotoli di carta bianca del tipo che allora si usava in tutti i negozi di alimentari e io li riempivo di storie disegnate. Avevo imparato a scrivere verso i cinque anni, è vero. Ma ci voleva troppo tempo. La mia fantasia reclamava un mezzo di espressione più rapido. Per di più non avevo nemmeno la pazienza di disegnare accuratamente. Avevo sviluppato una specie di stenografia figurata con corpi in violento movimento e un’azione drammatica molto azzardata, ma senza dettagli. Erano fumetti a mio solo uso e consumo.

 

 

 

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III.

 

 

 

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IV.

 

* Minnena ser mig, I ricordi mi guardano nella traduzione dallo svedese di Enrico Tozzo, per le edizioni Iperborea. Milano 2011
 

 

I – IV Laboratorio di artigiano della cartapesta. Lecce, marzo 2015
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T. Tranströmer – Ricordi #2

 

 

 

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I.

 

 

 
      RICORDI *

Le prime esperienze restano per la maggior parte irraggiungibili. Racconti ripetuti, ricordi di ricordi, ricostruzioni in funzione di stati d’animo che improvvisamente si riaccendono.
Il mio primo ricordo databile è una sensazione. Una sensazione di fierezza. Ho appena compiuto tre anni e mi hanno detto che è qualcosa di molto importante, che adesso sono diventato grande. Sono a letto in una stanza luminosa e a un tratto poso i piedi sul pavimento con l’inaudita consapevolezza che sto diventando adulto. Ho una bambola, cui ho dato il nome più bello che sono riuscito a inventare : KARIN SPINA. Non la tratto maternamente. E’ più una compagna o un’innamorata.

 

 

 

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II.

 

 

 

Abitiamo nel quartiere di Söder a Stoccolma, in Swedenborgsgatan 33. Papà fa ancora parte della famiglia, ma tra poco ci lascerà. Il nostro stile è piuttosto «moderno» –fin dall’inizio do del «tu» ai miei genitori. Abbiamo i nonni vicini, abitano proprio dietro l’angolo.

 

 

 

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II.

 

 

 

Il nonno, Carl Helmer Westerberg, è nato nel 1860. Era pilota di rimorchiatori e mio grandissimo amico, maggiore di me di settant’un anni. E’ strano che ci fosse la stessa differenza d’età tra lui e suo nonno, che era quindi nato nel 1789 : presa della Bastiglia, ammutinamento di Anjala, Mozart compone il quintetto per clarinetto. Due grandi passi uguali indietro, due lunghi passi, ma in fondo non così lunghi. Si può toccare la storia.
Mio nonnno parlava la lingua dell’Ottocento.

 

* Minnena ser mig, I ricordi mi guardano nella traduzione dallo svedese di Enrico Tozzo, per le edizioni Iperborea. Milano 2011
 

 

I – III Lecce, palazzo vescovile. Marzo 2015
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T. Tranströmer – Ricordi #1

 

 

 

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      RICORDI

«La mia vita». Quando penso a queste parole mi vedo davanti una scia di luce. Guardando più da vicino, la scia di luce ha la forma di una cometa, con una testa e una coda. L’estremità più luminosa, la testa, è l’infanzia e l’adolescenza. Il nucleo, la parte più densa, sono quei primissimi anni in cui vengono definiti i tratti fondamentali della nostra esistenza. Cerco di ricordare, cerco di arrivare fino a là. Ma è difficile muoversi in quelle regioni compatte, è pericoloso, mi dà come la sensazione di avvicinarmi alla morte. Poi la cometa si dirada — è la parte più lunga, la coda. Diventa man mano più rarefatta, ma anche più ampia. Ora sono a uno stadio avanzato della coda, ho sessant’anni quando scrivo queste righe.  *

 

 

 

La roccia dell’aquila

Dietro il vetro dell’urna
i rettili
stranamente fermi.

Una donna stende il bucato
nel silenzio.
La morte è senza vento.

Nelle profondità della terra
scivola la mia anima
silenziosa come una cometa. * *

 

*
*  *

 

Örnklippan

Bakom terrariets glas
reptilerna
underligt orörliga.

En kvinna hänger tvätt
i tystnaden.
Döden är vindstilla.

I markens djup
glider min själ
tyst som en komet.

 


Minnena ser mig, I ricordi mi guardano nella traduzione dallo svedese di Enrico Tozzo, per le edizioni Iperborea. Milano 2011

* *
Dalla raccolta Den stora gåtan, Il grande mistero nella traduzione dallo svedese di Maria Cristina Lombardi, per le edizioni Crocetti. Milano 2011
 

 

 

 

 

 

Tomas Tranströmer

 

 

 
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Stoccolma 15 aprile 1931 – 26 marzo 2015
 

 

Uccelli Mattutini

 […]

Non ci sono qui spazi vuoti

Stupendo sentire come la mia poesia cresce

mentre io mi ritiro.

Cresce, prende il mio posto.

Si fa largo a spinte.

Mi toglie di mezzo.

La poesia è pronta.

 
Tomas Tranströmer
Traduzione Maria Cristina Lombardi, Crocetti Editore